IMPORTANTE: CU ANNO 2016 – REDDITI 2015

Nel modello della Certificazione Unica 2016, reso disponibile nella seconda metà di gennaio di quest’anno, è obbligatorio indicare anche il codice fiscale del coniuge non a carico.

La novità, non prevista nè preannunciata, mette i datori di lavoro sostituti d’imposta in grave difficoltà, perchè essi debbono indicare già da quest’anno, entro le prossime scadenze del 28 febbraio e del 7 marzo, un dato che riguarda la sfera personale dei lavoratori dipendenti  e che, quindi, non è nella loro disponibilità. Senza contare che in alcuni casi, si pensi a lavoratori cessati in corso d’anno, può essere molto difficile reperire l’informazione.

Il Consiglio Nazionale dei Consulenti del Lavoro il 25 gennaio 2016 ha inviato al Ministro delle Finanze la richiesta di posticipare alla “CU 2017”, relativa ai redditi 2016, l’obbligo di indicare il codice fiscale del coniuge anche se non a carico. In caso di impossibilità, ha chiesto al Ministro un rinvio del termine della trasmissione telematica della “CU 2016” ( Vedi il ComunicatoStampa 25.1.2016 Consulenti Lavoro CU 2016. )

Nell’attesa di notizie da parte del Ministero, invitiamo comunque tutte le aziende clienti a reperire dai propri dipendenti, e a trasmettere per iscritto in tempi rapidi allo studio, il codice fiscale dei coniugi non a carico, utilizzando il modello allegato alla presente circolare.

Richiesta dati C.F. CONIUGE

 

LEGGE DI STABILITA’: SGRAVIO CONTRIBUTIVO PER IL 2016 E DETASSAZIONE PREMI DI PRODUTTIVITA’

Il 22 dicembre è stata definitivamente approvata dal Senato la Legge di Stabilità per il 2016.

Queste le novità principali nell’ambito del settore del lavoro:

1) Proroga dell’esonero contributivo per le nuove assunzioni a tempo indeterminato anche per il 2016, ma in forma meno vantaggiosa per le imprese. Lo sgravio viene, infatti, ridotto da tre a due anni e consisterà nell’esonero dal versamento del 40% dei contributi a carico dei datori di lavoro, nel limite massimo di un importo  di esonero di € 3.250,00 su base annua. Restano fermi i limiti già previsti lo scorso anno: no esonero se il lavoratore ha avuto nei sei mesi precedenti altro rapporto di lavoro a tempo indeterminato presso qualsiasi datore di lavoro, ovvero se, nei tre mesi antecedenti l’entrata in vigore della Legge di Stabilità (da ottobre a dicembre 2015), era occupato a tempo indeterminato presso il datore di lavoro che lo assume o presso altra società collegata o controllata o comunque facente capo, anche per interposta persona, allo stesso datore di lavoro. L’esonero non spetta neppure se il lavoratore che si assume ha già usufruito dell’esonero contributivo previsto dalla Legge di Stabilità 2016 o da quella del 2015 (legge 190/2014).

2) Reintroduzione della detassazione, con la previsione di un’imposta sostitutiva dell’IRPEF e delle addizionali comunali e regionali in misura pari al 10%, sui premi di risultato, di ammontare variabile, nonchè sulle somme di partecipazione agli utili di impresa,  entrambi entro il limite di € 2.000,00 all’anno, erogati ai lavoratori dipendenti con reddito non superiore ai 50.000,00 euro all’anno. I premi, o la partecipazione agli utili, soggetti a tassazione agevolata, debbono essere erogati in esecuzione di un accordo sindacale aziendale o territoriale e debbono rispettare i  criteri di misurazione degli incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione che saranno stabiliti dal Ministero del Lavoro con decreto da emanarsi entro 60 giorni dall’entrata in vigore della Legge di Stabilità.

LA RIFORMA DEGLI AMMORTIZZATORI SOCIALI: LA CASSA INTEGRAZIONE GUADAGNI ORDINARIA

Con il decreto 148/2015 il Governo ha portato a compimento la riforma degli ammortizzatori sociali.

Pensiamo che per le aziende sia essenziale conoscere gli strumenti che la legge pone a disposizione per fronteggiare eventuali crisi. Diamo, quindi, alcune rapide indicazioni sulla riforma partendo dalla CIG (cassa integrazione guadagni ordinaria).

Principali novità:

1) E’ stata prevista la riduzione della contribuzione complessivamente gravante sulla retribuzione corrente. La riduzione è modesta perchè, ed esempio per le imprese industriali con meno di 50 dipendenti, si passa dall’1,90 all’1,70.

2) Viene introdotto un contributo addizionale per le imprese che decidono di ricorrere alla CIG. Questo contributo si paga in percentuale sulla retribuzione intera dovuta al dipendente e non più, come in passato, sul solo trattamento di integrazione salariale. In sostanza con la riforma si è deciso di far pagare di più alle aziende che utilizzano l’ammortizzatore.

3) La domanda di richiesta della CIG, preceduta dalla procedura di informazione sindacale, deve essere presentata all’INPS in via telematica entro 15 giorni dall’inizio del periodo di sospensione o di riduzione. In caso di ritardato invio, l’INPS riconoscerà il trattamento di integrazione salariale solo per i 7 giorni antecedenti alla domanda. Inviatiamo quindi le Imprese che intendano chiedere la CIG a contattare lo studio prima di iniziare la sospensione dell’attività.

In allegato trovate una scheda riepilogativa che vi invitiamo a leggere con attenzione.

Sintesi CIG

DENUNCIA ALL’INAIL DI NUOVO LAVORO

Abbiamo ricevuto richieste di chiarimenti da parte di alcune aziende che effettuano autonomamente le denunce dei lavori temporanei all’INAIL.
La richiesta costituisce un’utile occasione per fare il punto sulla normativa e per condividerlo con tutte le aziende clienti tenute all’ adempimento.

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Il datore di lavoro, che svolge lavori a carattere temporaneo classificabili alla stessa voce di tariffa (vale a dire con lo stesso rischio lavorativo), deve presentare all’INAIL la denuncia di ogni lavoro e di ogni sua modificazione.
DEFINIZIONE: Sono “nuovi lavori a carattere temporaneo” i lavori, anche di lunga durata, che:
• abbiano un termine finale, certo o presunto
• siano classificabili ad una voce di tariffa già presente nella P.A.T. attiva presso la Sede INAIL in cui la ditta ha la propria sede legale.
Rientrano in tale casistica non solo i lavori edili, idraulici, stradali, di linee di trasporto e di distribuzione, di condotta, ma anche tutti gli altri lavori aventi le suddette caratteristiche (ad es., gestione temporanea di un servizio di mensa scolastica; appalto del servizio di pulizia di edifici privati o pubblici, ecc.).

Tale denuncia deve essere presentata in via telematica accedendo al sito internet www.inail.it ed inviando il “modello denuncia nuovo lavoro temporaneo” entro 30 giorni dall’inizio dei nuovi lavori.
Nel modello vengono richieste le seguenti notizie:
– località di svolgimento dei lavori;
– attrezzatura utilizzata;
– il numero delle persone adibite ai singoli lavori,
– le rispettive retribuzioni
– le ore di lavoro da esse prestate;
– l’importo dei lavori denunciati, IVA esclusa.

Il datore di lavoro ha comunque la possibilità di chiedere all’INAIL – sempre in via telematica mediante inoltro del modello “Istanza dispensa DNL TEMP” – di essere esonerato una volta per tutte dall’obbligo della denuncia dei singoli lavori, se quest’ultimi :
– sono lavori edili, stradali, idraulici ed affini di modesta entità;
– sono riconducibili in una delle lavorazioni già denunciate all’Istituto (stesso rischio);
– richiedono l’impiego di non più di 5 persone;
non durano più di 15 giorni.

Attenzione: il datore di lavoro dovrà, invece, presentare una vera e propria denuncia di variazione all’INAIL e non una semplice Denuncia di nuovo lavoro, nel caso in cui i nuovi lavori:
• abbiano carattere stabile, e non sia cioè previsto per essi un termine finale (es si apre una nuova unità produttiva);
• riguardino attività con rischio diverso da quello già assicurato all’INAIL (nuovo rischio).

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AZIENDE EDILI

Ricordiamo che per le aziende edili vi è anche l’obbligo di comunicare alla Cassa Edile di appartenenza la Denuncia di Nuovo Lavoro.
Vi chiediamo di contattarci nel caso di denuncia di nuovo lavoro a Casse Edili diverse da quella di Venezia.

Restiamo a Vostra disposizione per eventuali chiarimenti.

La fine delle Associazioni in Partecipazione e dei Contratti a Progetto, con sorpresa

Riassumiamo le novità introdotte dal Dlgs 81/2015 riguardo le Associazioni in Partecipazione e i Rapporti di Lavoro Parasubordinati (co.co.pro e co.co.co).

Associazione in Partecipazione:

L’art. 53 del Dlgs 81/2015 ha abrogato i contratti di Associazione in Partecipazione con apporto di solo lavoro.  Dal 25 giugno 2015, quindi, non è più possibile stipulare nuovi contratti di associazione in partecipazione nei quali l’apporto dell’associato persona fisica consista, in tutto o in parte, in una prestazione di lavoro.

Dopo tale data i contratti di associazione in partecipazione con apporto di solo lavoro verranno ricondotti ai rapporto di lavoro subordinato con tutte le conseguenze sul piano civilistico, previdenziale, fiscale e amministrativo.

Cosa accadrà ai contratti di Associazione in Partecipazione con apporto di solo lavoro stipulati prima dell’entrata in vigore del Dlgs 81/2015? L’art. 53 del decreto prevede che gli stessi, in via transitoria, resteranno in vigore sino alla loro cessazione.

 

Contratti a progetto e mini co.co.co.

  L’art. 52 del Dlgs 81/2015 ha abrogato gli artt. da 61 a 69 bis del Dlgs 276/2003 con la conseguenza che, dall’entrata in vigore del decreto sul riordino dei contratti, non si possono più stipulare contratti a progetto e  mini co.co.co (ricordiamo che quest’ultime erano rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, i quali avendo una durata inferiore a 30  giorni nell’anno solare e un compenso inferiore a 5.000 euro, potevano essere instaurati senza l’individuazione di un  progetto.  Sotto tutti gli altri profili – ad esempio comunicazione dell’instaurazione del rapporto di lavoro al Coveneto, pagamento dei  contributi alla Gestione Separata sull’intera somma data al collaboratore – erano invece soggetti alla medesima  disciplina del contratto a progetto).

La sorpresa è che, per effetto dell’art. 52 del Dlgs 81/2015, si potranno ancora stipulare contratti di collaborazione coordinata e continuativa ai sensi dell’art. 409 cpc.
In sostanza, si ritorna alla fase anteriore alla legge Biagi, epoca in cui vi era stato un aumento considerevole delle così dette co.co.co
L’art. 2 del Dlgs 81/2015 precisa tuttavia che :
    –    Si applicherà la disciplina del lavoro subordinato alle collaborazioni “che si concretano in prestazioni di lavoro esclusivamente personali, continuative e le cui modalita’ di esecuzione sono organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro”.  
    –     Sarà, pertanto, possibile stipulare contratti di collaborazione coordinata e continuativa con soggetti che organizzino in modo autonomo la loro prestazione sia riguardo ai luoghi (non devono avere una postazione fissa nell’azienda) che ai tempi (l’orario di lavoro non dev’essere determinato dal committente).
    –    La prestazione, inoltre, dovrà essere prevalentemente, ma non esclusivamente personale. Il requisito verrà rispetatto se il collaboratore renderà la sua opera avvalendosi di una propria organizzazione (es personal computer, autovettura, telefono cellulare).
– La prestazione non dovrà inoltre essere continuativa. Tale indice di subordinazione confligge con la norma dell’art. 409 cpc che della continuazione fa un tratto caratteristico delle collaborazioni (da cui appunto l’acronimo co.co.co.). In attesa di chiarimenti, riteniamo prudente stipulare contratti in cui la durata della prestazione chiesta al collaboratore sia limitata nel tempo e non richieda un impegno costante.
 
Superfluo  precisare che il collaboratore non dovrà essere soggetto alle direttive e al potere disciplinare del committente.
In ogni caso, non si applicherà la normativa del lavoro subordinato:
          alle collaborazioni coordinate e continuative svolte da soggetti iscritti negli albi professionali;
          alle attività prestate dai componenti del consigli di amministrazione delle società;
          alle collaborazioni disciplinate da specifichi accordi collettivi nazionali stipulati dai sindacati comparativamente rappresentativi;
          alle collaborazioni rese a fini istituzionali in favore delle associazioni e societa’ sportive dilettantistiche affiliate alle federazioni sportive nazionali
 
Per evitare future contestazioni, il Dlgs 81/2015  prevede espressamente, o meglio invita caldamente,  le parti a certificare i contratti di collaborazione coordinata e continuativa.
Ricordiamo che la certificazione può essere richiesta alla Commissione di Certificazione presso la Direzione Territoriale del Lavoro , oltre che ad esempio alla Commissione di Certificazione dell’Università di Ca’ Foscari o quella dei Consulenti del Lavoro.
Lo studio Trinca è a disposizione dei clienti per assisterli nelle procedure di certificazione dei contratti.
Infine, tra gli effetti dell’abrogazione degli articoli da 61 a 69 bis del Dlgs 276/2003, vi è anche:
a) il venir meno della presunzione di collaborazione coordinata e continuativa per i titolari di partita IVA i quali presentassero almeno due delle tre caratteristiche previste dall’art 69 bis (postazione fissa, durata della collaborazione con lo stesso committente  superiore a 8 mesi nell’anno solare, corrispettivo con lo stesso committente superiore all’80% dei compensi fatturati);
b) il venir meno dei diritti garantiti dal Dlgs 276/2003 (maternità, infortunio, malattia).

Studio Trinca Associato – Modifica orari agosto 2015

Gentili clienti,

Vi informiamo che per il mese di agosto lo Studio osserverà il seguente orario:

– dal 27.07.2015 al 14.08.2015  e dal 24.08.2015 al 28.08.2015 sarà aperto dalle ore 9.00 alle ore 13.00;

– dal 17.08.2015 al 21.08.2015 rimarrà chiuso per ferie.

Per eventuali comunicazioni,potete mandare una mail all’indirizzo info@studiotrincaassociato.com,  e sarete ricontattati.

 

Pagamenti F24 – Proroga di Ferragosto

Anche per il 2015 l’Agenzia delle Entrate conferma che gli adempimenti fiscali e i versamenti tramite F24, relativi al pagamento unitario di imposte, contributi INPS e altre somme a favore di Stato, Regioni, Comuni e altri Enti Previdenziali, da eseguirsi tra il 1° e il 20 di agosto, possono essere effettuati entro il giorno 20 dello stesso mese, senza alcuna maggiorazione.

TICKET PASTO ELETTRONICI

Dal 1° luglio 2015 i buoni pasto elettronici sono esenti nel limite giornaliero di 7 euro.

I buoni pasto cartacei continuano, invece, ad essere esenti nel limite giornaliero di 5,29 euro.

Riepiloghiamo allora il regime fiscale dei servizi di pasto.

Ai sensi dell’art.  51, comma 2, lett. c), D.P.R. n. 917/1986: 

a) il servizio mensa organizzato dal datore di lavoro o da terzi così come  la somministrazione di vitto da parte del datore di lavoro oppure la somministrazione di vitto resa attraverso l’utilizzo di card elettroniche cedute dai datori di lavoro ai loro dipendenti sono completamente esenti dal punto di vista fiscale e previdenziale;

b) le prestazioni  sostitutive del servizio mensa tramite l’erogazione di buoni pasto cartacei non concorrono a formare il reddito imponibile fino all’importo complessivo giornaliero di euro 5,29;

c) le prestazioni  sostitutive del servizio mensa tramite l’erogazione di buoni pasto elettronici non concorrono a formare il reddito imponibile fino all’importo complessivo giornaliero di euro 7,00;

d) le indennità monetarie di mensa  (vale a dire le parti di retribuzione sostitutiva del servizio di vitto o di mensa) non concorrono a formare l’imponibile, sempre nel limite di 5,29 euro, solo nel caso in cui siano corrisposte:
– agli addetti ai cantieri edili e ad altre strutture lavorative a carattere temporaneo;
– agli addetti ad unità produttive diverse dalle precedenti qualora tali unità produttive siano ubicate in zone ove manchino strutture o servizi di ristorazione.

 

IL 30 GIUGNO SCADE IL TERMINE PER FAR GODERE LE FERIE RESIDUE RELATIVE AL 2013

Come ogni anno ricordiamo che, ai sensi dell’art. 10, comma 1, del Dlgs 66/2003,  i datori di lavoro   devono consentire ai propri dipendenti di godere entro il 30 giugno 2015  l’arretrato di ferie relative al periodo minimo legale, che è di quattro settimane, maturato nel 2013.

Per comodità riepiloghiamo la normativa sulle ferie: ogni anno i lavoratori maturano il diritto ad un periodo di ferie che per legge non può essere inferiore a 4 settimane. I contratti collettivi possono comunque prevedere periodi di ferie maggiori. Il Ministero del Lavoro distingue tre diversi periodi ai fini della fruizione delle ferie:

1) Un primo periodo di due settimane deve essere goduto nell’anno di maturazione (così nel 2015 andranno obbligatoriamente godute le due settimane di ferie maturate nell’anno).  Se il lavoratore lo richiede tempestivamente, tale periodo deve essere goduto continuativamente.  Se al termine dell’anno il lavoratore non ha goduto le due settimane di ferie, il datore di lavoro può essere sanzionato;

2) Un secondo periodo di due settimane deve essere fruito, anche in modo frazionato, entro 18 mesi dall’anno di maturazione (queste due settimane maturate nel 2015 andranno quindi godute entro il 30 giugno 2017).  Se allo scadere di questo periodo il lavoratore non ha goduto queste due settimane di ferie, il datore di lavoro è passibile di sanzione;

3) Un terzo periodo di ferie di misura variabile (l’entità di questo periodo varia a seconda delle disposizioni dei singoli contratti collettivi), va goduto entro il termine previsto dal contratto collettivo e in caso di mancata fruizione può essere monetizzato.

 L’inosservanza degli obblighi in materia di ferie  è così sanzionata:   Sanzione amministrativa da 100 a 600 euro. Se la violazione si riferisce a più di cinque lavoratori ovvero si è verificata in almeno due anni, la sanzione amministrativa è da 400 a 1.500 euro. Se la violazione si riferisce a più di dieci lavoratori ovvero si è verificata in almeno quattro anni, la sanzione amministrativa è da 800 a 4.500 euro e non è ammesso il pagamento della sanzione in misura ridotta.

Inoltre l’INPS chiede il versamento dei contributi sulle ferie residue alla data del 31/12/2013 e non ancora godute alla data del 30 giugno 2015 (i datori di lavoro debbono quindi sommare alla retribuzione di luglio 2015 un compenso di ferie virtuale e su questo calcolare i contributi che andranno versati entro il 20 agosto).

Lo studio è a disposizione per fornire una situazione aggiornata dei residui ferie dei Vostri dipendenti riferibili al 2013.
 

Una volta accertati eventuali residui di ferie riferibili al 2013, consigliamo di farli godere al più presto e comunque entro il prossimo 30 giugno al fine di evitare possibili contestazioni.

 

ENTRO VENERDI’ LA PUBBLICAZIONE IN GAZZETTA DEL DECRETO CON LE NORME DEL CONTRATTO A TUTELE CRESCENTI

E’ prossima la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del Decreto Legge che ha introdotto il contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti.

Cerchiamo di capire di cosa si tratta.

La nuova normativa disciplina in modo diverso dal passato lo scioglimento del rapporto di lavoro per i lavoratori che verranno assunti a tempo indeterminato dopo l’entrata in vigore del Decreto Legge sul contratto a tutele crescenti.

Le novità riguardano soprattutto i nuovi assunti a tempo indeterminato da imprese che già occupano più di 15 dipendenti nonchè i lavoratori assunti a tempo determinato o con contratto di apprendistato da quest’ultime il cui rapporto di lavoro venga successivamente convertito a tempo indeterminato. Tuttavia, se per effetto di nuove assunzioni, un’impresa che aveva meno di 15 dipendenti supera la soglia dei 15 dopo l’entrata in vigore del Decreto, le norme sul contratto a tutele crescenti si applicheranno a tutti i dipendenti dell’azienda a decorrere dalla data del superamento delle 15 unità.

Queste le conseguenze previste nel caso di licenziamento del lavoratore a tutele crescenti:

Licenziamento nullo o discriminatorio o intimato in forma orale

Se il licenziamento è nullo, discriminatorio o intimato verbalmente il lavoratore avrà diritto alla reintegrazione, nonchè al pagamento di un risarcimento commisurato alle retribuzioni dovute dalla data del licenziamento a quella della reintegra, contributi previdenziali compresi, dedotto quanto eventulamente percepito dallo stesso per effetto dello svoglimento di nuova attività lavorativa (tale risarcimento non potrà essere inferiore a 5 mensilità). In alternativa alla reintegra, il lavoratore potrà chiedere al datore di lavoro un’indennità pari a 15 mensilità dell’ultima retribuzione su cui non sono dovuti i contributi previdenziali. Si tratta, in sostanza, della previsione del vecchio art. 18 dello Statuto dei Lavoratori.

Licenziamento per giustificato motivo e  giusta causa

Se il licenziamento non è sorretto da giustificato motivo (oggettivo o soggettivo) o da giusta causa, il lavoratore non ha diritto alla reintegra, ma al pagamento di un’indennità economica, sulla quale non sono dovuti i contributi previdenziali, di importo pari a due mensilità dell’ultima retribuzione utile per il calcolo del TFR per ogni anno di anzianità di servizio, con un limite minimo di 4 mensilità e un limite massimo di 24 mensilità.

Ai licenziamenti per giustificato motivo oggettivo dei lavoratori assunti con il contratto a tutele crecenti  (ad es licenziamenti economici) non si applica la procedura del tentativo di conciliazione obbligatorio presso la DTL prevista dall’art. 7 della legge 604/1966, così come novellato dalla legge Fornero .

Nel caso di licenziamenti per giusta causa o giustificato motivo soggettivo (quindi nei soli casi di licenziamenti disciplinari) ove venga accertato che il fatto per cui è stato intimato il licenziamento non sussiste materialmente,  il lavoratore avrà diritto alla reintegra e al pagamento di un risarcimento commisurato alle retribuzioni dovute dalla data del risarcimento a quella della reintegra,  contributi previdenziali compresi, dedotto anche in questo caso quanto eventulamente percepito dallo stesso per effetto dello svoglimento di nuova attività lavorativa, che non potrà però superare le 12 mensilità. In alternativa alla reintegra, il lavoratore potrà chiedere al datore di lavoro un’indennità pari a 15 mensilità dell’ultima retribuzione su cui non sono dovuti i contributi previdenziali.

Licenziamento illegittimo per vizi formali e procedurali

Se il licenziamento non è motivato oppure è stato intimato senza il rispetto della procedura prevista dall’art. 7 dello Statuto dei lavoratori per il caso dei licenziamenti disciplinari, allora il datore di lavoro dovrà pagare un’indennità, non assogettabile a contributi previdenziali, pari a una mensilità dell’ultima retribuzione utile per il calcolo del TFR per ogni anno di anzianità di servizio, con un limite minimo di 2 mensilità e un limite massimo di 12 mensilità.

Viene inoltre confermata la previsione, già introdotta dalla legge Fornero, che consente al datore di lavoro di revocare il licenziamento entro il termine di 15 giorni dall’impugnazione dello stesso da parte del lavoratore. In questo caso al lavoratore spetta la retribuzione dovuta per il periodo intercorrente tra la data del licenziamento e quella della revoca, ma non si applicano le conseguenze sanzionatorie al datore di lavoro.

La norma disciplina, inoltre, il caso dei lavoratori che sono entrati a far parte dell’azienda in seguito ad un cambio appalto. Ricordiamo che in questi casi il rapporto non prosegue tra vecchio appaltatore e nuovo appaltatore, come invece accade nel caso del trasferimento d’azienda, ma  si instaura un nuovo rapporto di lavoro. Il decreto legge interviene allora prevedendo che, ferma restando la costituzione di un nuovo rapporto, il lavoratore transitato dal vecchio al nuovo appaltatore conserva, ai fini del calcolo delle indennità dovute per il caso di licenziamento illegittimo, l’anzianità maturata in quello specifico appalto.

Novità per i lavoratori assunti da piccoli imprenditori

Le novità non riguardano solo le aziende che occupano più di 15 dipendenti, ma anche quelle con meno di 15 lavoratori. Ai lavoratori, assunti dopo l’entrata in vigore del decreto legge, che siano stati licenziati illegittimamente sarà infatti dovuto un risarcimento del danno diverso da quello fin’ora previsto dalla legge 604/1966, che ricordiamo andava da un minimo di 2,5 ad un massimo di 6 mensilità con la possibilità di arrivare sino a 10 mensilità per i lavoratori con anzianità di servizio superiore ai 10 anni.

Il decreto prevede che in questo caso i risarcimenti sopra descritti siano dimezzati e non possano, comunque,  superare le 6 mensilità. Quindi il  risarcimento non potrà superare le sei mensilità  e sarà proporzionato all’anzianità di servizio.

Viene confermata l’esclusione per le piccole imprese dell’obbligo di reintegra che, come per il passato, sussiste solo nei casi di licenziamenti nulli, discriminatori e orali.